E’ ormai da parecchi mesi che un dibattito occupa con sempre più frequenza i momenti a margine degli allenamenti e delle serate della nostra palestra popolare. Ora, in vista dell’assemblea nazionale delle palestre popolari che si terrà a Firenze il 30 gennaio, ci è sembrato il momento adatto per provare a sintetizzare, brevemente e più superficialmente di quanto meriterebbero, tutte queste discussioni: cosa intendiamo noi per sport popolare, quali sono le esigenze a livello nazionale nel relazionarsi tra palestre provenienti da contesti geografici e politici diversi, se e come confrontarsi con le varie federazioni pugilistiche italiane.
Il circuito dello sport popolare è in continua crescita, sia a livello nazionale che locale: all’interno della nostra palestra sono presenti ormai molti corsi, a partire dalla Boxe e dalla lotta, fino all’arrampicata, all’ acro-yoga e all’aikido. Contemporaneamente, sono molti gli eventi organizzati da parte delle varie palestre, soprattutto per quanto riguarda gli sport di combattimento.
Sicuramente ci troviamo in un momento in cui il movimento delle palestre popolare cambierà, o per lo meno dovrà riflettere sul cammino da intraprendere, su quali siano le basi e gli obiettivi che lo determinino, sul modo tramite il quale si possa fare un “salto di qualità”.
Federazione sì, federazione no… Federazione un caz!
Prima di tutto, bisogna chiedersi se vogliamo che il circuito dello sport popolare si ponga come alternativo a tutti gli effetti rispetto al mondo dello sport istituzionale, crescendo parallelamente e sviluppando le proprie modalità di fare sport, mettere gli atleti in sicurezza, organizzare raduni e tornei; oppure se, al contrario, vogliamo che lo sport popolare entri dentro il mondo istituzionale, portando le proprie istanze all’interno delle federazioni e dello sport come è genericamente vissuto.
Ma allora quale tra questi sarebbe il salto di qualità? Forse questa decisione dipende dall’accento che, nello sport popolare, mettiamo sullo “sport” o sull’essere “popolare”. Perché se l’accento è sulla componente sportiva, può darsi – ma non è detto – che il salto di qualità sia dato dalle maggiori opportunità a livello sportivo che entrare a far parte delle federazioni offrirebbe agli atleti e alle palestre. Ma se l’accento è sull’aspetto popolare, forse la logica del “cambiare il sistema dall’interno” non è vincente, e il salto di qualità sta nel coltivare e far crescere i nostri progetti senza chiedere aiuti o permessi a nessuno, come abbiamo sempre fatto; credere e mostrare che davvero l’autogestione e l’auto-organizzazione sono possibili da un livello locale ad uno nazionale ed internazionale, in ogni ambito, in questo caso per quanto riguarda lo sport – che andiamo per la nostra strada, e che la nostra strada non è un vicolo cieco, ma un percorso in salita in cui creiamo e applichiamo le nostre conoscenze da noi.
Per quanto ci riguarda, lo sport è un elemento, in questo caso centrale, ma non indipendente dagli altri, di qualcosa molto più ampio: un modo di vivere e di gestire gli spazi, la condivisione di percorsi politici, l’idea che una palestra possa essere molto di più che uno spazio per svolgere attività fisica.
Quindi sì, la nostra strada prescinde senza dubbio da ogni federazione più o meno istituzionalizzata.
Condividere percorsi
Ma se da una parte rifiutiamo la possibilità di partecipare, come palestra o come singoli, alle federazioni pugilistiche ufficiali, dall’altra non sentiamo neanche la necessità di alternative che ripropongano di fatto gli stessi modelli propri dello sport agonistico ed istituzionalizzato. Ben vengano gli eventi organizzati in giro per l’Italia e non solo, e che ci si coordini tra le varie realtà per la loro realizzazione e calendarizzazione: che questo però avvenga sempre con l’obiettivo di dare a tutti la possibilità di parteciparvi, senza alcuna velleità di un pseudo-agonismo che riterremmo dannosa per lo stesso sport popolare.
Se da una parte ci darebbe soddisfazione, come palestra popolare, che molti dei nostri atleti partecipassero agli incontri, dall’altra non possiamo che provare fastidio all’idea che questi possano diventare, come spesso nei circuiti ufficiali, occasione di affermazione della superiorità di un atleta e/o di una palestra rispetto all’altra ed appannaggio esclusivo dei pochi e più preparati atleti.
Per quanto riguarda la condivisione di un percorso politico tra palestre, ci sembra altrettanto limitante la volontà da parte di alcuni di rappresentarci con un nome e tramite la definizione formale di alcuni pilastri su cui basare il coordinamento. Men che meno ci convince che queste “parole d’ordine” vengano inglobate in un solo principio che vorrebbe implicitamente includerli tutti in una semplificazione che ci pare un po’ forzata. Ci piacerebbe invece che i percorsi politici che possano interessarci vengano affrontati a partire dalla sostanza e dal confronto sui valori che, in vario modo, sono presenti all’interno di tutte le palestre popolari, come abbiamo provato a fare a settembre in occasione della 3 giorni antisessista di sport popolare.
Speriamo, quindi, che le iniziative continuino a moltiplicarsi e che riescano ad unire sempre di più la pratica sportiva, momenti di discussione e di svago, e crediamo che questo possa accadere in modo spontaneo tramite la collaborazione tra palestre.
Auspicheremmo inoltre che la discussione sulle Palestra Popolari non si limitasse a considerazioni, seppur importanti, esclusivamente su gli sport da combattimento, ma che cominciasse ad aprire lo sguardo anche sugli altri sport. La visione “boxe-centrica” del coordinamento oggetto di discussione ha di fatto escluso dal dibattito (almeno per quanto riguarda le nostre assemblee) quasi tutti coloro che, pur facendo parte della nostra palestra, non praticano boxe o thai.
Assunto che un dibattito sulle P. Popolari dev’essere fatto, ci piacerebbe che fosse il più possibile inclusivo.
Tutela degli atleti e proposte tecniche
Nell’ambito di un coordinamento solo tecnico per gli sport da combattimento e tutti gli altri che prevedono partite-gare-tornei-esibizioni-performance, vorremmo ragionare affinchè si possa dare una tutela sostanziale e non formale (che para il culo soltanto agli organizzatori) della salute degli atleti, in un’ottica alternativa rispetto ai circuiti istituzionali.
Le seguenti considerazioni nascono dall’esperienza di uno di noi come medico di ring nella boxe agonistica dilettantistica ufficiale e come specialista in medicina legale e delle assicurazioni:
– visite mediche: sono completamente inutili quelle non agonistiche. In realtà anche quelle agonistiche servono a poco dal punto di vista clinico (evidenziano solo grosse patologie fortunatamente rare e non aiutano certo a prevenire i più frequenti problemi cardiaci o cerebrali che sono pressoché sempre imprevedibili), devono essere fatte bene e sono dispendiose: sarebbe bello se potessero farle non solo gli atleti che combattono o gareggiano, ma tutti quelli che si allenano e sono esposti a rischi di salute ben superiori; meglio risparmiare soldi e puntare a responsabilizzare al massimo tutti quanti sul proprio stato di salute nell’ottica di una completa autogestione.
– assicurazioni: sono molto dispendiose, per essere stipulate richiedono necessariamente ufficializzazione di persone e luoghi (associazioni riconosciute, istruttori-arbitri-atleti federati, locali-attrezzature a norma, ecc…). Le polizze base per infortuni sportivi di solito coprono solo gli infortuni gravi con franchigia alta, massimali bassi e risarcimento del danno superiore al 5-10% (per farsi male fino a questo punto bisogna proprio impegnarsi!!!), senza contare tutte le sottili fregature insite nei contratti che saltano fuori sempre a infortunio avvenuto. Anche qui molto meglio risparmiare soldi e garantire una copertura reale con la cassa comune della palestra nel caso di atleti che si fanno male e non sono in grado di affrontare le spese mediche (come avvenuto già in passato da noi), sempre nell’ottica di una completa autogestione.
– incontri boxe e simili: ci vuole la massima attenzione all’equilibrio tra combattenti (peso, esperienza, prova pratica prima del match). Riteniamo importantissimo stabilire delle regole comuni che riducano i rischi durante il combattimento: 3 riprese da 2 minuti, guantoni anti-shock da 12-14 once a seconda del peso, protezioni complete compresi para-palle e para-tette, ed arbitraggio competente e prudenziale (interrompere tutte le volte che ci sono rischi eccessivi, dopo 3 richiami ufficiali squalifica di un atleta o entrambi). La presenza di un’ambulanza sul posto è ben poco utile se non c’è un medico specialista a bordo, ma, come avviene normalmente, solo infermieri: a quel punto meglio chiamarla al bisogno con medico sicuramente a bordo. Piuttosto sarebbe utile la presenza di un compagno medico che supervisiona attentamente ogni incontro intervenendo e interrompendolo se necessario senza discussioni e di una giuria che valuta soprattutto ai punti per valorizzare l’aspetto sportivo. In quest’ottica sono possibili anche incontri misti: insomma, puntare su un sano confronto simil-dilettantistico/olimpionico come nella boxe cubana, e non simil-professionistico tutto rivolto alla ricerca del KO e dell’annientamento dell’avversario.
Speriamo che tutte le palestre interessate possano trarre spunto per le proprie riflessioni da questo breve comunicato e che l’assemblea di Firenze possa essere un momento di confronto importante per continuare a far crescere lo sport popolare.
Pugili e pugilesse della Palestra Popolare Dante Di Nanni